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Un doloroso carburante di nome ansia

Un doloroso carburante di nome ansia. 

 

Spesso quando si pensa all’ansia ci si immagina più facilmente quel tipo di condizione che porta a bloccarsi, a ritirarsi, a evitare determinate circostanze e persone. 

L’ansia, invece, può avere diverse sfaccettature e accompagnarsi ad un funzionamento sociale anche molto buono, ma con una percezione interna di disagio profonda e dolorosa. 

Questa specifica condizione a volte viene chiamata “ansia ad alto funzionamento” proprio per indicare il fatto che apparentemente il funzionamento della persona non solo è integro, ma di frequente anche molto buono e di successo, anche se ad un costo psichico enorme, nascosto o poco consapevole. 

La percezione che si ha di sé e che diventa anche la percezione che gli altri hanno della persona risulta quindi parziale e non comprensiva della fatica, del dolore e del disagio interno, talvolta solo subcepito. 

Proviamo a vedere alcune caratteristiche che di frequente possono rintracciarsi in una persona che vive una condizione di ansia ad alto funzionamento. 

 

Dall’esterno si osserva la disponibilità illimitata ad aiutare gli altri e su questo spesso si fondano le relazioni interpersonali di cui si circonda questo tipo di persona. 

Internamente questo può corrispondere alla sensazione di dover pensare a tutto in prima persona affinché le cose vadano bene e alla sensazione che il proprio valore dipenda dalla capacità di aiutare gli altri e nel risolvere le situazioni.

 

Dall’esterno si osserva una persona estremamente capace di organizzarsi e di organizzare la vita e questo spesso determina un buon successo scolastico e professionale e l’essere il perno sul quale ruota la vita familiare. 

Internamente questo spesso ha a che fare con il fatto che una persona ansiosa attiva una iperproduzione del pensiero che le permette di immaginare numerosi scenari contemporaneamente, soprattutto quelli peggiori. L’organizzazione diviene dunque funzionale ad evitare la sensazione di sentirsi impreparati di fronte ad una situazione imprevista. 

 

Dall’esterno si apprezza la capacità di lavorare molto duramente per raggiungere i propri obiettivi e nella nostra società questa caratteristica spesso viene fortemente rinforzata senza essere davvero compresa. 

Internamente ciò può non corrispondere affatto ad una buona autostima, ma paradossalmente, al suo contrario. Spesso l’idea di sottofondo che spinge ad iperlavorare è proprio quella di non avere abbastanza capacità e risorse e di dover recuperare questa carenza lavorando molto più degli altri. 

 

Dall’esterno si osserva la tendenza ad una grande precisione e attenzione al più minimo dettaglio, che determina alte prestazioni.

Internamente questo può dipendere dalla assoluta incapacità di tollerare l’idea di commettere degli errori, come se gli errori commessi, anche i più piccoli, avessero un potenziale distruttivo sull’intero valore della persona. Questo aspetto è collegato con la paura di essere criticate e criticati e alla vergogna che ne conseguirebbe. 

 

Dall’esterno è percepibile la totale disponibilità a dire sempre di sì alle altre persone, impegni, obiettivi, richieste. 

Internamente la fatica di dire no si può leggere come la fatica ad immaginarsi come persone che abbandonano gli altri a loro stessi e che per questo potrebbero essere a propria volta giudicati e abbandonati. La difficoltà a legittimarsi di dire “no” spesso incastra le persone in un dispendio energetico faticosissimo da tollerare. 

 

Dall’esterno risulta evidente la caratteristica della iperautonomia della persona che riesce sempre a bastare a se stessa senza appoggiarsi agli altri o altre. 

Internamente si percepisce l’impossibilità di affidarsi o chiedere aiuto poiché questo potrebbe essere il segnale del proprio insufficiente valore. 

Dall’esterno si può vedere una grande energia e iperattività e la capacità di tollerare uno stile di vita multitasking e con ritmi frenetici non solo per quanto riguarda l’area professionale, ma anche nel tempo libero e nella gestione delle relazioni familiari e interpersonali. Questa caratteristica spesso suscita ammirazione da parte delle altre persone, rendendo ancora più difficile il rinunciarvi. 

Internamente di frequente si percepisce, più o meno chiaramente o consapevolmente, l’incapacità a fermarsi e a rilassarsi senza sentire il senso di colpa ed una perdita del proprio valore personale.

 

Dall’esterno si vede una persona sicura di sè e capace di gestire ogni situazione senza ritirarsi o nascondersi.

Internamente, invece, spesso queste persone possono essere impulsive proprio a causa dell’ansia e poi trascorrono molto tempo a rimuginare sulla adeguatezza del modo in cui si sono comportate.

 

Come possiamo vedere l’ansia spesso può essere il carburante che spinge le persone ad assumere dei comportamenti in apparenza perfettamente integrati con quelle che sono le richieste della nostra società e che determinano un buon funzionamento sociale in molte aree. Questo però non è scevro da un costo psichico molto doloroso e spesso difficilmente comunicato e comunicabile. 

Di frequente il raggiungimento di queste caratteristiche personali è un vero e proprio obiettivo educativo in alcuni sistemi familiari e scolastici senza uno sguardo più ampio che comprenda la sfera emotiva ed il benessere psicologico. 

Provate ad immaginare (sempre che non la conosciate già) la fatica che comporta sostenere un simile funzionamento e i segnali che il corpo e la psiche inviano per aiutare le persone a dirigere lo sguardo verso di sé e non solo all’immagine di sé che ci si sente chiamati a sostenere. 

 

Questa che, come abbiamo detto, spesso viene definita “ansia ad alto funzionamento” non è codificata come un vero e proprio disturbo, ma ciò non significa che non sia una condizione talmente faticosa da meritare attenzione e narrazione per poter avere una migliore qualità della vita: che nulla ha a che vedere con il successo o con le capacità che il mondo esterno ci richiede.